Romagna, se ci sei, batti un colpo. (#6)
E che sia bello forte, perché deve sovrastare la voce di chi parla solo per difendere privilegi, perché tanti non vogliono che cambi niente e agiscono come se questa emergenza fosse un fastidioso imprevisto che non li riguarda più di tanto.
Iniziamo questa sesta parte con una affermazione “bruta” che poi ci porterà a ragionare del nostro domani in modo più concreto e “raffinato”:
“SI DEVE PROGETTARE ADESSO IL FUTURO ECONOMICO E SOCIALE DELLA ROMAGNA A FORTE VOCAZIONE TURISTICA”
E’ indispensabile che la pianificazione sia fatta proprio adesso, in questo contesto di incertezza e difficoltà generale, nel momento cioè in cui è massima la debolezza dei vincoli che normalmente irrigidiscono la capacità politico-amministrativa e condizionano la spinta ad investire.
Senza la pandemia COVID-19 oggi forse ci saremmo potuti definire PRONTI PER IL FUTURO, cioè saremmo nella fase di avvio del Green Deal europeo, la programmazione adottata per «trasformare l’Unione Europea in una società giusta e prospera, con un’economia di mercato moderna e dove le emissioni di gas serra saranno azzerate, e la crescita sarà sganciata dall’utilizzo delle risorse naturali».
Quindi senza il COVID-19 oggi l’Unione Europea starebbe certamente discutendo di industria e tecnologia, innovazione sociale, competenze, risorse umane e qualità del lavoro, adottando un concetto di crescita maggiormente attento alla sostenibilità e alla creazione di valore sociale.
Su questo il sistema regionale sarebbe probabilmente già impegnato a comprendere e cogliere le sfide del nuovo ciclo di programmazione europeo (e nazionale!) 2021-2027, contando anche su un ecosistema in movimento perché fortemente stimolato e finanziato, pertanto capace di generare nuovo protagonismo, nuovi business, nuovi traguardi.
Invece la pandemia ha innescato una crisi globale molto profonda che colpirà quasi tutti nel mondo. Il rischio è che una parte del mondo finirà per arretrare di qualche decennio.
Lo possiamo accettare?
Non ci sono alternative: adesso è dovere di tutti impegnarsi per una azione straordinaria, la visione intelligente di un domani che sia molto meglio dell’oggi e che deve essere pianificato e realizzato con il concorso di tutti e la massima determinazione.
Ci dobbiamo provare ad ogni costo e a nessuno dovrebbe essere consentito rinchiudersi nel proprio egoismo, nei propri eventuali privilegi personali.
Sul sito della Regione sono consultabili gli indicatori di output S3 (Smart Specialization Strategy, la Strategia di specializzazione intelligente) che ci danno una misura del livello di implementazione delle politiche regionali e delle relative azioni messe in campo. In altre parole misurano i risultati in termini di operazioni realizzate dalla Regione Emilia Romagna.
Nel periodo 2014-2019 la Regione ha speso circa un miliardo e mezzo di Euro di provenienza per la maggior parte Europea e nazionale. L’effetto macroeconomico di questa immissione di risorse è stato un investimento del mondo imprenditoriale di una cifra quasi identica, perciò sappiamo che storicamente c’è un investimento privato di un Euro per ogni Euro portato dall’ente pubblico.
Il dato non è assolutamente confortante e si presta ad interpretazioni anche parecchio maliziose, che però ora vogliamo al momento tralasciare e ci concentriamo su qualche altro dato che è possibile ricavare.
Prima però facciamo una breve premessa sul funzionamento generale del meccanismo dei finanziamenti provenienti dalla Unione Europea, così nessuno dei lettori di queste righe sarà lasciato nel dubbio o nella scarsa conoscenza del tema.
L’UE finanzia progetti e programmi principalmente in questi cinque settori:
- sviluppo urbano e regionale
- occupazione e inclusione sociale
- agricoltura e sviluppo rurale
- politiche marittime e della pesca
- ricerca e innovazione
- aiuti umanitari
Come si può notare non compare la parola turismo. Proseguiamo.
I fondi vengono gestiti seguendo norme che dovrebbero assicurare uno stretto controllo sull’utilizzo dei fondi affinché siano spesi in modo trasparente e responsabile.
Un collegio di 27 commissari europei ha la responsabilità politica del corretto utilizzo dei finanziamenti. Però, dato che la maggior parte dei finanziamenti è gestita direttamente dai paesi beneficiari, il controllo dettagliato spetta ai singoli governi nazionali.
La maggior parte del bilancio dell’UE (oltre il 75%) è gestito con un sistema cosiddetto di “gestione concorrente”, cioè in collaborazione con le amministrazioni nazionali e regionali.
L’insieme delle risorse disponibili che complessivamente contribuiscono a mettere in atto la strategia Europea, viene suddivisa in cinque grandi fondi, detti Fondi strutturali e d’investimento:
- Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) – per sviluppo regionale e urbano
- Fondo sociale europeo (FES) – per inclusione sociale e buon governo
- Fondo di coesione (FC) – per convergenza economica delle regioni meno sviluppate
- Fondo europeo agricolo (FEASR) per lo sviluppo rurale
- Fondo europeo (FEAMP) per gli affari marittimi e la pesca.
- Ci sono poi altri fondi che vengono gestiti direttamente dall’Unione europea.
I finanziamenti sono erogati sotto forma di “sovvenzioni” e di “appalti”.
Le sovvenzioni sono destinate a progetti specifici che siano collegati alle politiche dell’UE dopo che essa dirama un “invito a presentare proposte”. In genere la maggior parte delle risorse messe a disposizione con le sovvenzioni proviene dall’UE, un’altra dalle singole nazioni o loro enti territoriali.
Gli appalti vengono conclusi dalle varie istituzioni e dell’UE per acquistare servizi, beni o opere necessari per le loro attività, per es. studi, corsi di formazione, organizzazione di conferenze o attrezzature informatiche. Gli appalti sono aggiudicati mediante bandi di gara.
Vige la regola della pubblicazione online dei vincitori degli appalti, dei beneficiari di sovvenzioni e anche dei beneficiari degli aiuti allo sviluppo che di solito vengono stanziati per i paesi al di fuori della UE.
Nel settennato 2014-2020 la programmazione dei fondi strutturali e di investimento europei (SIE) ha messo a disposizione fondi per circa 2700 milioni di Euro, così composti: 1150 dalla UE, 900 dallo Stato, 400 dalla Regione, 250 dai Piani Operativi Nazionali.
Gli indicatori di output S3 cui si è fatto cenno più sopra sono strumenti messi in campo per una lettura rapida, una misura pratica degli effetti prodotti dai finanziamenti gestiti dalla Regione, che dovrebbe aiutare la scelta della politica che solitamente si approccia a questi temi con una significativa incompetenza tecnica.
Il settore verso cui sono andate le maggiori risorse nel periodo messo in osservazione dal 2014 al 2019 è stato l’agroalimentare, che da solo ha assorbito un terzo delle risorse complessive, pari a 510 milioni di Euro e che hanno generato investimenti complessivi nel settore per 1,153 miliardi.
Le persone formate con queste risorse sono risultate 2800, sono stati coinvolti 780 ricercatori, sono state finanziate 4278 imprese e quasi 400 laboratori di ricerca.
In media ciascuna azienda o ente ha ricevuto 110 mila Euro dal Pubblico.
Ma quanto è il PIL regionale imputabile al settore agroalimentare in Emilia Romagna?
Circa il 2,5%. Teniamolo a mente.
Al secondo posto in materia di assorbimento di finanziamenti c’è il settore della meccatronica-motoristica che ne ha richiesti 328 milioni di euro ed ha prodotto 920 milioni di investimenti. In questo caso il rendimento è stato migliore rispetto all’agroalimentare, con una media di due Euro investiti per ogni Euro ricevuto dalla Regione.
Nel settore della innovazione nei servizi i finanziamenti pilotati dalla regione hanno ammontato a 165 milioni con un investimento nel settore pari a 200 milioni, quindi una resa della spesa non particolarmente elevata.
Il settore edilizia e costruzioni invece ha ricevuto finanziamenti per 125 milioni ed ha prodotto investimenti pari a 220. Praticamente le stesse cifre anche per il settore dell’industria della salute e del benessere.
Fanalino di coda il settore della cosiddetta industria culturale e creativa, che annovera ad esempio una parte della produzione cinematografica, che ha ricevuto finanziamenti poco meno di 100 milioni di euro e sono risultati poco meno di 200 milioni gli investimenti rilevati.
Complessivamente sono le imprese ad aver ricevuto la parte più cospicua dei 1500 milioni di finanziamenti disponibili: hanno incassato 900 milioni e ne hanno investito di propri per quasi 1400.
Il sistema istituzionale della ricerca (università e centri di ricerca) ha beneficiato di 300 milioni, gli enti locali hanno ricevuto contributi per circa 200 milioni, mentre agli enti di
formazione sono andati circa 100 milioni.
Ma quale è stato l’indirizzamento dei finanziamenti POR FESR al il turismo?
L’importo destinato alle imprese ricettive con il POR FESR 2014-2020 è stato di soli 7,5 milioni. Non è andata meglio alle imprese del commercio (negozi e ambulanti) e ai pubblici esercizi, con 4.5 milioni.
Ovviamente in entrambi i casi parliamo dell’intero territorio regionale, ciascuno può trarre le proprie considerazioni.
Arrivederci alla prossima parte.