Romagna, se ci sei, batti un colpo. (#3)
E che sia bello forte, perché chi detiene il potere fingerà di non sentire la tua voce.
Eccoci alla terza parte. Proseguiamo a volo d’uccello sulle questioni del turismo in Romagna e su ciò che rappresenta economicamente e socialmente.
E’ noto che la provincia di Rimini sia la principale destinazione turistica dell’Italia, ed è altrettanto noto che buona parte del suo mercato sia basato sulla abbondante presenza di attività alberghiere a buon mercato.Questa è la forza e allo stesso tempo il limite del turismo nostrano. Approfondiamo.
Si è già visto che la graduatoria delle prime dieci province per numero di pernottamenti alberghieri dei turisti italiani e molto diversa da quella delle prime dieci per i pernottamenti degli stranieri.
Dalle graduatorie risulta che la provincia leader per il turismo italico è di gran lunga quella di Rimini, mentre quella di Bolzano lo è per il turismo straniero insieme a Roma.
Alcune considerazioni ora sul patrimonio immobiliare alberghiero italiano, per farci altre idee utili alle conclusioni che ci piacerebbe tirare alla fine di questa maratona sul tema del turismo in Romagna.In una importante ricerca condotta una manciata di anni fa è emerso che il 20% circa degli alberghi italiani ha più di 100 anni ed il 60% ne ha più di 30.
Aggiungiamo che circa il 50% di tutti gli alberghi italiani fà attività stagionale perciò è attivo solo alcuni mesi l’anno.
Negli ultimi trenta anni ha cessato quasi il 10% degli alberghi in Italia, arrivando a poco più dei 30.000 attuali, ma allo stesso tempo sono cresciute di oltre il 15% le camere totali ed i letti totali, passando rispettivamente a 1.100.000 e 2.250.000.
Vediamo cosa ha influito sul cambiamento. In questi decenni c’è stato uno spostamento verso l’alto della qualità media dell’offerta ricettiva in conseguenza soprattutto di interventi di ristrutturazione e ammodernamento degli alberghi.
In questo modo è avvenuto sia un passaggio di categoria verso quella superiore, verso i 3 stelle in particolare come vedremo, sia un aumento di dimensioni. Si è cercato perciò di rispondere alla percezione di un modello di domanda internazionale che richiede soprattutto di stare al di sopra di una determinata soglia di qualità dei servizi e di dimensione.
Così è stato, più o meno, il processo dagli anni ’80 fino al 2010 quando la persistente crisi economica nazionale ha prodotto ripercussioni anche sulle risorse finanziarie necessarie a favorire un processo evolutivo di tipo strutturale.
L’aumento complessivo del numero di hotel a 3 stelle in quei decenni raggiunto quota +28% mentre quelli di qualità superiore ovvero i 4 e 5 stelle sono praticamente raddoppiati.
Parallelamente come è ovvio sono diminuiti enormemente gli hotel di 1 e 2 stelle (-43%) sostituiti da bed & breakfaste alloggi privati in affitto, cioè strutture decisamente più economiche nei costi di gestione e quindi più competitive sul mercato.
Si deve però sottolineare che in questo contesto emerge un fatto realmente preoccupante: la perdita dicompetitività complessiva del settore ricettivo che ha visto crescere di molto il numero dei posti letto senza una corrispondente crescita delle presenze.
Il calo del tasso di occupazione delle camere nelle strutture ricettive si è sommato alla bassissima crescita delle tariffe (per via della crisi economica), riducendo in modo sensibile i ricavi medi degli alberghi e delle altre tipologie ricettive ufficiali: residence, agriturismi, ostelli, ecc…In aggiunta negli ultimi anni sono cresciute in modo importante le presenze generate da appartamenti in affitto che come è noto ancora non rientrano in modo trasparente nelle rilevazioni e nelle statistiche nazionali necessarie a comprendere il fenomeno nella sua interezza.
La combinazione nefasta di una minore occupazione media ed un minore ricavo medio per camera ha prodotto per anni una netta riduzione dei ricavi e ovviamente degli utili, con la conseguenza di una minore disponibilità di risorse per gli investimenti necessari per realizzare ristrutturazioni e manutenzioni.
Così si è generato anche un calo di qualità che ha portato molti alberghi ad entrare in competizione fra loro particolarmente sui vari siti delle OLTA, finendo per andare al continuo ribasso le tariffe come unica arma per fronteggiare la concorrenzialità.
Insomma si è arrivati in un circolo vizioso che appare difficile da contrastare e assolutamente impossibile da arrestare, nonostante sia evidente che investire nel turismo sia diventata una operazione redditizia sotto tutti i punti di vista, sia per privati che per gli enti pubblici che ne ottengono entrate da destinare alle esigenze di miglioramento dei territori e dei servizi alla comunità che amministrano.
Si consideri l’assunto macroeconomico per il quale per ogni miliardo di Euro del PIL reale nel turismo si impiegano oltre 16.000 addetti, quindi un intelligente piano di sviluppo si tradurrebbe immediatamente in una grande quantità di posti di lavoro, oltre che di quella economia indotta che vedremo in un post successivo.
Basterebbe, per fare un esempio, anche solo recuperare il terreno perduto in termini di PIL rispetto alla Francia o alla Spagna per creare oltre 200mila nuovi posti di lavoro, che sarebbero soprattutto destinati ai giovani essendo il turismo diventato una specialità economica fortemente intrisa di elementi di modernità, tecnologia ed innovazione anche sul piano relazionale oltre che tecnico.
Ci fermiamo qui con la terza parte.Grazie per chi ha seguito il discorso finora e per chi avrà la pazienza di seguire la prossima parte, dove entreremo un po’ più specificatamente sulle questioni economiche.
Ciao romagnole e romagnoli!
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